poesia
MIO SUD, LIBRO AVVINCENTE
Può una poesia scritta negli anni ’70 essere ancora attuale e vincere importanti concorsi letterari? A giudicare dai risultati che sta ottenendo in questi mesi lo scrittore catanzarese Vincenzo Ursini dobbiamo proprio dire di sì. E ciò conferma anche che i premi vinti da Ursini, negli anni della sua giovinezza - tra i quali il Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri - erano più che meritati.
Ursini dopo aver proposto, nel mese di novembre dello scorso anno, una raccolta di poesie degli anni ’70, con il titolo “Eravamo comunisti”, pubblica adesso “Mio Sud”, libro con il quale conferma tutto il suo amore per la Calabria e il suo paese: Petrizzi, luogo nel quale ha ambientato anche il romanzo inedito “La ritornanza”, 1° classificato a due prestigiosi concorsi letterari di narrativa inedita (il “Teseo” di Milazzo e l’ANPCI (Associazione Nazionale Piccoli Comuni d’Italia) di Villafalletto, in provincia di Cuneo).
Con “Mio Sud” (edito dall’Accademia dei Bronzi, già alla seconda edizione e adesso in vendita anche su Amazon), Vincenzo Ursini, nel mese di giugno ha vinto anche la 40esima edizione del premio “Terra d’Agavi” di Gela e la III edizione del premio “Aspromonte – Città di Molochio”. Ma c’è di più. Ursini si è confermato anche come eccellente paroliere, partecipando e vincendo il premio “Dino Sarti” di Bologna, con il testo “Ti lascio le mie mani”.
Il grande solco che attraversa questo suo nuovo libro è l’amore per la sua terra: amore intenso, febbrile, deus ex machina che muove i fili e tesse la trama di pagine stupende di poesia.
«Un amore, quello del poeta, - scrive Francesca Misasi - sublimato dalle note magiche della giovinezza ed attraversato dai chiaroscuri del cuore ma che resta topos indiscusso su cui depositare le più intime vibrazioni di un’anima che vuole accasarsi tra i ricordi per svelare se stessa! Nelle poesie di Vincenzo Ursini l’amore assume forme e sembianze diverse, sfiora le atmosfere della sua coscienza, affinché ciò che si è amato diventi memoria, diventi calco di ciò che è l’oggi in bene o in male. Le sue sono poesie vissute che svelano, pagina dopo pagina, una profonda anamnesi esistenziale, una dissezione dolorosa della parte più intima di se stesso, un voler dare le giuste risposte alla sua anima ribelle, assetata di giustizia e pronta a battersi contro le aporie di una società iniqua e statica, un’anima disposta a credere, a difendere e perseguire i propri ideali. Versi forbiti ed espressivi, intrisi di una interiorità sofferta, accompagnano ed acclarano la percezione del suo vivere, del suo firmamento emozionale e riecheggiano le vibrazioni della sua voce che a volte si leva possente ed indefettibile, a volte dolcissima ed euritmica. Magistrale ed efficace “l’inclito verso” che esalta e sviscera l’amore del poeta per la propria terra, una Calabria ancora crocifissa al palo delle sue endemiche contraddizioni tra il riverbero di una natura incantata e primitiva che “…è tutta uno schianto di verde…” (cfr Mio Sud) vissuta “… sotto un cielo/che sa di pane e di vino …/ e di Dio…” (cfr. Andate) e la maledizione di mani sacrileghe che hanno reciso, ancora una volta, “…l’ultimo figlio crocifisso/dal colpo di lupara dentro al petto/ mentre “…volti indifferenti dalle case / sposate da secoli alla piazza / nulla hanno visto e nulla hanno sentito». (cfr. Figliuolo)
«Versi dolorosi, pregnanti, incisivi, che se pur declinati con magistrale finezza, pesano come macigni sulle coscienze di tutti. Ursini in questo libro ci consegna una terra amara, fatta di treni senza ritorno, di singulti che non hanno lacrime e di ragazzi spenti, inermi, sui gradini muti di una chiesa… ma la sua è anche terra di gente forte, rude e determinata, dal viso assorto e “la fame di sempre,” dalle mani callose e disossate dalla fatica, perché il Nostro sa che i calabresi, “sono gente dal carattere temprato come l’acciaio” (Antonio Gramsci, dai Quaderni del Carcere). Vivide, accorate e fervide le immagini scaturite dai versi in cui emerge la struggente malinconia di chi è lontano da quel Mar Jonio di “tenero cristallo” dove “…Fata Morgana specchia la malia” (cfr. Ora che l’incanto è finito), poesie nelle quali spira un vento caldo intriso dell’afrore intenso delle zagare e delle ginestre, stigma, radici e sangue di una terra antica e mai dimenticata».
«Un libro - sottolinea, invece, Ilaria Celestini - che palpita di vita e che ci dona le emozioni autentiche di tutti i maggiori aspetti dell'esistenza, vissuti dapprima con lo slancio giovanile, poi, con la ponderatezza della maturità, giunta precocemente, frutto delle esperienze e della fiera consapevolezza delle proprie radici. Vincenzo Ursini ci conduce per mano nella sua Calabria e ce la fa amare, con discrezione, senza retorica o affettazione, ma con tutta la potenza invincibile degli affetti profondi, della sua gente spesso povera di beni materiali, ma straordinariamente ricca di valori, di amore, di spessore umano e dignità. L'impeto della ribellione giovanile, nelle liriche, si unisce alla lucidità del disincanto e al rifiuto del cinismo nell'età adulta, aprendo alla speranza, alla fede, e alla dimensione eterna dell'amore, narrato con un'intensità abissale».
Un testo prezioso, di grande valore non solo letterario, ma anche educativo, per i messaggi di bene e di valori positivi che trasmette, derivanti dalla coscienza di un'appartenenza a una terra che ha un'anima immensa e radici saldamente piantate nelle verità più sacre.
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